No edit permissions for Italian

VERSO 35

śreyān sva-dharmo viguṇaḥ
para-dharmāt sv-anuṣṭhitāt
sva-dharme nidhanaṁ śreyaḥ
para-dharmo bhayāvahaḥ

śreyān: molto meglio; sva-dharmaḥ: i propri doveri; viguṇaḥ: anche in modo imperfetto; para-dharmāt: i doveri prescritti per altri; su-anuṣṭhitāt: perfettamente compiuti; sva-dharme: i propri doveri; nidhanam: la distruzione; śreyaḥ: meglio; para-dharmaḥ: doveri prescritti per altri; bhaya-āvahaḥ: pericoloso.

È assai meglio compiere il proprio dovere, anche se in modo imperfetto, che compiere perfettamente quello di un altro. Soccombere svolgendo la propria occupazione è meglio che assumersi l’impegno altrui, perché seguire il percorso di un altro è pericoloso.

È meglio compiere il proprio dovere in piena coscienza di Kṛṣṇa, piuttosto che assumersi quello altrui. I doveri materiali sono assegnati in funzione dei tratti psico-fisici acquisiti sotto l’influenza dei tre guṇa. I doveri spirituali sono invece indicati dal maestro spirituale e devono permetterci di servire Kṛṣṇa. Piuttosto che copiare il dovere altrui, è bene sforzarsi di compiere il proprio, sia materiale che spirituale, anche a rischio di perdere la vita. I doveri spirituali possono essere differenti da quelli materiali, ma in entrambi i casi è meglio seguire le istruzioni di un’autorità. Chi subisce l’influenza dei tre guṇa deve applicare le regole adatte alla situazione particolare in cui si trova, senza cercare d’imitare gli altri. Il brāhmaṇa, per esempio, guidato dalla virtù, è non violento, mentre lo kṣatriya, dominato dalla passione, può usare la forza quando è necessario. È meglio per uno kṣatriya subire un insuccesso applicando la  violenza  piuttosto  che  imitare  il  brāhmaṇa,  che pratica la non violenza.
È giusto purificare il proprio cuore progressivamente, mai bruscamente. Tuttavia, chi trascende i tre guṇa grazie a una completa dedizione a Kṛṣṇa, può compiere qualsiasi dovere sotto la direzione di un maestro spirituale autentico. Nella pura coscienza di Kṛṣṇa uno kṣatriya può agire da brāhmaṇa e viceversa, perché sul piano spirituale le distinzioni del mondo materiale non si applicano più. Viśvāmitra, ad esempio, era kṣatriya per nascita, ma più tardi svolse il ruolo di un brāhmaṇa, mentre Paraśurāma, che era brāhmaṇa, assunse il ruolo di uno kṣatriya. Questo fu possibile grazie alla loro coscienza spirituale, ma finché ci troviamo sul piano materiale dobbiamo adempiere i doveri che c’impongono le influenze della natura, sempre provvisti, però, di una chiara comprensione della coscienza di Kṛṣṇa.

« Previous Next »