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VERSO 38

kaccin nobhaya-vibhraṣṭaś
chinnābhram iva naśyati
apratiṣṭho mahā-bāho
vimūḍho brahmaṇaḥ pathi

kaccit: se; na: non; ubhaya: da entrambi; vibhraṣṭaḥ: deviato; chinna: lacerata; abhram: una nuvola; iva: come; naśyati: perisce; apratiṣṭhaḥ: senza alcuna posizione; mahā-bāho: o Kṛṣṇa dalle possenti braccia; vimūḍhaḥ: confuso; brahmaṇaḥ: dell’Assoluto; pathi: sul cammino.

O Kṛṣṇa dalle possenti braccia, chi ha deviato dal cammino della spiritualità non perde forse ogni beneficio spirituale e materiale, e perisce senza rifugio come una nuvola dispersa?

Una persona ha la possibilità di scegliere tra due tipi di progresso: se è un materialista mirerà solo al successo materiale, perché non prova il minimo interesse per la spiritualità e vorrà solo migliorare la sua situazione economica o raggiungere i pianeti superiori, se invece sceglie la via spirituale dovrà rinunciare ad ogni attività materiale e dimenticare i cosiddetti piaceri di questo mondo. Chi ha preso questa strada ma non arriva fino in fondo apparentemente avrà perso tutto, perché non potrà godere né delle gioie materiali né della perfezione spirituale. Sarà come una nuvola solitaria che non avendo potuto fondersi nella massa delle altre nubi continua a vagare spinta dal vento, prima di dissiparsi nel vasto cielo. Chi intraprende il brahmaṇaḥ pathi, il sentiero che conduce alla realizzazione trascendentale, prende coscienza della propria essenza spirituale, di essere parte integrante di Dio (manifestato nei Suoi tre aspetti di Brahman, Paramātmā e Bhagavān), ma solo chi si sottomette a Kṛṣṇa, la Persona Suprema, l’aspetto più completo della Verità Assoluta, raggiunge il traguardo finale. La via del bhakti- yoga è dunque la più diretta, la via suprema, perché le altre ci conducono alla   tappa finale, l’abbandono a Dio, solo dopo averci fatto superare la realizzazione del Brahman e del Paramātmā, percorso che può richiedere innumerevoli vite (bahūnāṁ janmanām ante).

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