VERSO 28

Chiunque nutra una devozione autentica per il Signore possiede tutte le qualità dei santi e degli esseri celesti (deva), mentre il non-devoto ne è del tutto privo, per quanto avanzato sia in materia di educazione e cultura. Ora che ha visto i parenti e gli amici sul campo di battaglia, Arjuna si sente invadere da una profonda compassione per loro, così determinati a lottare gli uni contro gli altri. Fin dall’inizio prova empatia per i propri soldati, ma adesso ha pietà anche per la sorte dei soldati del campo nemico, la cui morte è imminente. A questi pensieri sente le membra tremare e la bocca seccarsi. Lo stupisce il fatto che tutti i suoi parenti di sangue siano pronti a scagliarsi contro di lui. Tale spirito bellicoso abbatte un devoto benevolo come Arjuna, e anche se qui non se ne fa menzione, è facile immaginare che oltre a tremare e ad avere la bocca secca, Arjuna piange per la compassione. Questi sintomi non sono certo segni di debolezza, ma della sensibilità d’animo che contraddistingue il puro devoto del Signore. Si legge nello Śrīmad-Bhāgavatam (5.18.12):

“Colui che ha una devozione costante per il Signore possiede tutte le qualità dei deva, mentre chi non è un devoto ha solo attributi materiali, di poco valore, perché vaga sul piano mentale e subisce il fascino dell’energia materiale.”