VERSO 8
paritrāṇāya sādhūnāṁ
vināśāya ca duṣkṛtām
dharma-saṁsthāpanārthāya
sambhavāmi yuge yuge
paritrāṇāya: per la liberazione; sādhūnām: dei devoti; vināśāya: per la distruzione; ca: e; duṣkṛtām: dei miscredenti; dharma: i princìpi della religione; saṁsthāpana- arthāya: per ristabilire; sambhavāmi: Io appaio; yuge: era; yuge: dopo era.
Vengo di era in era per liberare le persone pie, annientare gli empi e rista- bilire i princìpi della religione.
La Bhagavad-gītā definisce sādhu (persona santa) chi è cosciente di Kṛṣṇa. Benché esternamente possa sembrare irreligioso, chi possiede appieno le qualità inerenti alla coscienza di Kṛṣṇa è un sādhu. Duṣkṛtām si applica invece a coloro che non mostrano alcun interesse per la coscienza di Kṛṣṇa. Queste persone sono considerate le meno intelligenti e le più degradate del genere umano, anche se hanno beneficiato di una buona educazione materiale, mentre chi è impegnato al cento per cento nella coscienza di Kṛṣṇa è sempre considerato un sādhu pur non avendo ricevuto una grande educazione o cultura.
Il Signore non è affatto costretto ad apparire di persona per annientare gli atei, come fece con Rāvaṇa e Kaṁsa. I Suoi numerosi agenti sono perfettamente in grado di occuparsene. Egli viene in particolare per dare sollievo ai Suoi puri devoti, perseguitati senza tregua da gente demoniaca, sempre pronta ad assalirli anche quando appartengono alla loro stessa famiglia. Prahlāda Mahārāja, per esempio, fu perseguitato da suo padre Hiraṇyakaśipu, così come Vasudeva e Devakī, padre e madre di Kṛṣṇa, furono tormentati da Kaṁsa, fratello di Devakī, soltanto perché Kṛṣṇa doveva nascere dalla loro unione. Se Kṛṣṇa apparve, fu per liberare Devakī piuttosto che per sopprimere Kaṁsa, anche se queste due missioni furono compiute contemporaneamente. Il verso dice quindi che il Signore scende in differenti forme per liberare i devoti e annientare i miscredenti.
I versi seguenti, tratti dalla Caitanya-caritāmṛta (Madhya 20.263-264) di Kṛṣṇa- dāsa Kavirāja, danno una concisa definizione dell’avatāra:
sṛṣṭi-hetu yei mūrti prapañce avatare
sei īśvara-mūrti ‘avatāra’ nāma dhare
māyātīta paravyome sabāra avasthāna
viśve avatari’ dhare ‘avatāra’ nāma
“Quando il Signore scende dal Suo regno in una determinata forma per manifestarSi nell’universo materiale, Gli si dà il nome di avatāra, incarnazione divina. Queste manifestazioni risiedono eternamente nel mondo spirituale, il regno di Dio, e sono chiamate avatāra quando scendono nella creazione materiale.”
Esistono diverse categorie di avatāra: i puruṣa-avatāra, i guṇa-avatāra, i līlā- avatāra, i śaktyāveśa-avatāra, i manvantara-avatāra e gli yuga-avatāra. Tutti appaiono in epoche ben determinate, in una delle tante regioni dell’universo, ma Kṛṣṇa è il Signore originale, la fonte di tutti gli avatāra. Quando viene in questo mondo è per sollevare dalla sofferenza i Suoi puri devoti e soddisfare il loro desiderio di vederLo rivelare i Suoi divertimenti originali di Vṛndāvana. Lo scopo principale del Signore come avatāra è dunque allietare il cuore di coloro che Lo amano di un amore puro.
Il Signore afferma di apparire in ogni era, ciò significa che appare anche nell’età di Kali. Lo Śrīmad-Bhāgavatam rivela infatti che durante la nostra epoca scende nella forma di Śrī Caitanya Mahāprabhu per diffondere la coscienza di Kṛṣṇa nell’India intera attraverso il movimento del saṅkīrtana (il canto congregazionale dei santi nomi di Dio). Śrī Caitanya predisse che il saṅkīrtana si sarebbe diffuso presto in tutto il mondo, in ogni città e in ogni villaggio.
L’avatāra Caitanya Mahāprabhu non è descritto direttamente, ma velatamente in alcuni passi confidenziali delle Scritture, tra cui le Upaniṣad, il Mahābhārata e lo Śrīmad-Bhāgavatam. Il Suo movimento del saṅkīrtana affascina tutti i devoti di Kṛṣṇa. Egli non distrugge i miscredenti, ma li libera con la Sua misericordia incondizionata.