VERSO 60
yatato hy api kaunteya
puruṣasya vipaścitaḥ
indriyāṇi pramāthīni
haranti prasabhaṁ manaḥ
yatataḥ: mentre si sforza; hi: certamente; api: nonostante; kaunteya: o figlio di Kuntī; puruṣasya: di una persona; vipaścitaḥ: ricca di discernimento; indriyāṇi: i sensi; pramāthīni: che si agitano; haranti: travolgono; prasabham: con la forza; manaḥ: la mente.
I sensi sono così forti e impetuosi, o Arjuna, da travolgere perfino la mente di una persona giudiziosa che si sforza di controllarli.
Molti grandi eruditi, filosofi e spiritualisti tentano di controllare i sensi, ma a causa dell’instabilità mentale, talvolta cadono vittime del godimento materiale. Perfino Viśvāmitra, saggio e yogī perfetto, fu sedotto da Menakā, nonostante la sua pratica yoga e le severe austerità compiute per domare i sensi. La storia del mondo riporta migliaia di casi simili, perché è tutt’altro che facile dominare la mente e i sensi quando non si è pienamente coscienti di Kṛṣṇa. Se i pensieri non sono concentrati su Kṛṣṇa, è impossibile abbandonare le tendenze materiali. Il grande santo e devoto Yāmunācārya ce ne offre un chiaro esempio:
yad-avadhi mama cetaḥ kṛṣṇa-pādāravinde
nava-nava-rasa-dhāmany udyataṁ rantum āsīt
tad-avadhi bata nārī-saṅgame smaryamāne
bhavati mukha-vikāraḥ suṣṭhu niṣṭhīvanaṁ ca
“Da quando la mia mente è occupata nel servizio ai piedi di loto di Kṛṣṇa provo una gioia trascendentale sempre nuova, e ogni qualvolta un pensiero sessuale mi sfiora, la mia bocca si contrae in una smorfia di disgusto.”
Un altro esempio è Mahārāja Ambarīṣa, che poté vincere i ripetuti assalti del grande yogī Durvāsā Muni grazie al suo assorbimento nella coscienza di Kṛṣṇa (sa vai manaḥ kṛṣṇa-padāravindayor vacāṁsi vaikuṇṭha-guṇānuvarṇane). Praticare la coscienza di Kṛṣṇa è così bello che il piacere materiale perde naturalmente ogni attrattiva e ci si sente soddisfatti come un affamato dopo un pasto abbondante.